La primavera è qui, e con lei il risveglio della natura: gli alberi rinverdiscono, gli animali si accoppiano.
Anche per noi il ritorno del sole è sinonimo di rinascita.
I suoi raggi ci aiutano a sintetizzare la vitamina D, mitigano il nostro stato d’animo e regolano il nostro sonno.
Non stupisce che l’astro del giorno fosse venerato in molte culture, in particolare nell’America precolombiana.
E se le mancanza di luce solare fosse in gran parte responsabile di tutti i nostri malanni? Spesso usciamo dall’inverno stanchi, senza energia, con disturbi del sonno, di cattivo umore o irritabili: si parla del resto di “depressione stagionale”. Niente di strano in tutto questo: abbiamo vissuto per mesi chiusi in casa o in ufficio senza vedere la luce del giorno. Ora, gli scienziati sono d’accordo nell’affermare che la luce del sole è indispensabile a tutti gli esseri viventi, e che gli uomini ne hanno bisogno quanto gli animali e le piante.
I benefici della luce solare sul nostro organismo sono numerosi e vitali. I raggi UVB ci aiutano a sintetizzare la vitamina D, essenziale per fissare il calcio, prevenire l’osteoporosi e rendere le ossa più solide. Una moderata esposizione quotidiana al sole (basta mezzora!) agisce direttamente sul nostro stato d’animo perché stimola la produzione di serotonina, il neuro-trasmettitore che agisce sull’umore. Il sole ci consente così di combattere la depressione. Contribuisce anche a regolare il nostro orologio interno e il nostro sonno: i nostri occhi ricevono la luce solare e la trasmettono al cervello, che invia a sua volta l’informazione alla ghiandola pineale. A fine giornata questa secerne la melatonina, che favorisce il sonno.
DALL’EGITTO AL PERÙ
In tutte le grandi civilizzazioni gli uomini hanno venerato il sole.
Gli Egizi adoravano il dio Ra, gli Incas lo chiamavano Inti: vivevano seguendo i suoi ritmi e lo ringraziavano per i suoi benefici. Per loro la salute, il benessere e l’armonia di un individuo dipendevano dalla riserva accumulata di luce solare a sua disposizione. I Maya lo chiamavano Kin, e quando un Maya si riferiva al proprio spirito, lo chiamava kinan, che significa “avere origine dal sole”, per sottolineare il legame fortissimo che ci unisce all’astro del giorno.
Ancora oggi gli Indios perpetuano questa tradizione, in particolare in Perù, dove si svolge la grande festa di Inti Raymi, una maestosa cerimonia in onore del sole celebrata vicino a Cusco ogni 24 giugno.
In Messico, alla stessa data, danzatori della tradizione azteca si riuniscono a Teotihuacan per venerare l’astro solare dall’alto della piramide del sole: una grande festa cui assistono milioni di persone vestite di bianco.
Gli sciamani, che venerano il sole salutandolo ogni mattino, gli attribuiscono virtù terapeutiche. Atawallpa Makarios Oviedo, sciamano andino di origini otavalene, è un « figlio del sole » che insegna un’antica tecnica chiamata intiwatana, che significa “unirsi al sole”. Per lui il sole è un rimedio molto potente, a condizione di sapere come avvicinarlo, salutandolo per farlo entrare dentro di noi.
Secondo Omraam Mikhaël Aivanhov, filosofo e maestro spirituale bulgaro, «I raggi del sole sono pieni di elementi energetici ai quali l’uomo può attingere a volontà per il proprio sviluppo fisico e psichico. Esponendovi ai dolci raggi del sole, diverrete luminosi, raggianti, più calorosi, avvicinandovi così al divino.»
E DA NOI?
Noi ora approfitteremo dell’ora legale!
E, comunque, anche in inverno: esci, non importa se il cielo è coperto o se piove. La luce del giorno ti farà comunque bene. Se poi hai un camino o la possibilità di accendere un fuoco, questo ti caricherà di energia: guardare le fiamme, i loro colori accesi, può migliorare l’umore. Puoi provare anche la luminoterapia, con lampade che aiutano la regolazione dell’orologio interno, ma sappi che niente potrà mai sostituirsi alla luce del sole.
È sua l’energia fonte della vita, che tutti condividiamo, umani e non umani.
Inti Raymi: la cerimonia del sole
La grande festa dell’Inti Raymi iniziava all’alba. L’Inca usciva dal tempio del sole accompagnato della sua sposa e da un corteo di nobili. L’imperatore era portato su una lettiera rivestita d’oro (evocazione del sole), seguito da una processione di fanciulle (le vergini del sole) e di preti. Si dirigevano poi verso la fortezza di Sacsayhuamán e vi attendevano il sorgere del sole a braccia aperte. Quando l’astro appariva, l’Inca si alzava offrendo a Inti la bevanda sacra, la « chicha ». Poi venivano immolati un lama bianco e un lama nero, per predire il futuro.
https://www.naturelab.it/blog/la-luce-del-sole-una-vera-medicina/
Nessun commento:
Posta un commento