L’utilizzo ed il consumo dei dolcificanti artificiali per i beni di consumo più diffusi si è normemente sviluppato negli ultimi 50 anni: per questo si ritiene che la grande maggioranza della popolazione sia esposta.
NEI LABORATORI del Centro di Ricerca sul Cancro Cesare Maltoni dell’Istituto Ramazzini ebbe inizio negli anni ‘90 un grande progetto di studi sperimentali su roditori (ratti e topi) per la valutazione dei rischi cancerogeni dei dolcificanti artificiali. Infatti,
nonostante molti studi di laboratorio fino ad allora effettuati dimostrassero la sicurezza dei vari dolcificanti, permanevano molte incertezze circa i loro potenziali rischi, in particolare quelli cancerogeni.
L’utilizzo ed il consumo dei dolcificanti artificiali per i beni di consumo più diffusi (alimenti, bevande, farmaci, ecc.) si è enormemente sviluppato negli ultimi 50 anni e, proprio per questo, si ritiene che la grande maggioranza della popolazione sia esposta.
I dolcificanti artificiali più diffusi hanno inoltre un’altra peculiarità: sono stati scoperti per puro caso e non intenzionalmente. Così è stato per la saccarina oltre 100 anni fa, altrettanto per l’aspartame negli anni ‘60 e il sucralosio in tempi più recenti. Risulta facilmente comprensibile come l’interesse industriale e commerciale abbia prevalso
sulla attenzione per la sicurezza.
L’obiettivo del progetto dell’Istituto era, e tuttora è, quello di studiare singolarmente i dolcificanti più diffusi, e cioè saccarina, aspartame, sucralosio, acesulfame potassico e,
successivamente, la miscela costituita da saccarina, aspartame e acesulfame potassico, anch’essa molto diffusa, soprattutto nelle bevande dietetiche.
Nel 1997 iniziò lo studio sull’aspartame, presente in oltre 6000 prodotti, fra cui 500 farmaci, molti dei quali pediatrici. Il primo studio fu condotto su oltre 1800 ratti, esposti dall’età di 8 settimane fino alla loro morte spontanea, a vari livelli di dose, compresa anche quella giornaliera ammessa per l’uomo. I risultati pubblicati nel 2005 e nel 2006, evidenziarono un significativo aumento dell’incidenza di leucemie e di tumori delle pelvi
renali nelle femmine, oltre che di tumori dei nervi periferici nei maschi. Tali effetti furono riscontrati anche a dosi vicine a quelle permesse per l’alimentazione umana.
Subito dopo questi risultati fu iniziato un altro esperimento su ratti e successivamente uno su topi. Per questi due esperimenti l’esposizione iniziò a partire dalla vita fetale (per simulare più accuratamente l’esposizione umana). Anche questi studi confermarono la cancerogenicità dell’aspartame.
https://www.ramazzini.org/magazine_article/aspartame-e-rischio-leucemia/
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