Riflettiamo su un problema che, spesso, viene totalmente ignorato dalle persone: chi dovrebbe definire le malattie? Allora partiamo con il dire che ci sono delle commissioni nazionali che decidono che un certo valore x (valore che si definisce tramite analisi e visite), non debba superare una certa soglia, altrimenti vuol dire che il soggetto è ammalato.
Adesso consideriamo che le commissioni in sé hanno notevoli conflitti di interessi, perché pagate fior di quattrini dalle case farmaceutiche. Etichettare sempre più persone sane come malate, e prescrivere loro dei farmaci che dovranno prendere per tutta la vita per ridurre fantomatici rischi, è quindi normale routine.
Secondo una recente analisi, le definizioni di malattia si sono talmente allargate, che quasi tutta la popolazione adulta più anziana, viene ora classificata come affetta da almeno una malattia cronica. Ok, posso capire che le persone più anziane siano soggette a malattie dovute all’età e all’invecchiamento, ma ad essere sincero che tutte siano realmente malate, non mi convince affatto.
Vi riporto la traduzione di un articolo preso dal sito www.nograziepagoio.it:
Le commissioni con conflitti allargano i confini delle malattie e abbassano le soglie per il trattamento. Moynhian riferisce che tra i 12 membri della commissione che ha creato la discutibile categoria diagnostica della “pre-ipertensione” nel 2003, 11 ricevevano denaro dalle compagnie, e metà di loro ha dichiarato ampi legami con più di 10 aziende a testa.
A questo proposito, c’è chi ha posizioni critiche e rifiuta la definizione di pre-ipertensione, ritenendola una pseudo-sindrome dannosa, che aumenta il mercato delle compagnie farmaceutiche. E alcuni hanno fatto presente che questa diagnosi farebbe classificare come malati quasi il 60% della popolazione adulta degli USA.
Anche 11 dei 12 autori del documento del 2009 sul diabete di tipo 2, avevano pesanti conflitti di interesse;lavoravano infatti come consulenti, relatori o ricercatori per una media di nove compagnie ciascuno. Questa commissione ha sostenuto l’abbassamento dei limiti della glicemia e ha difeso esplicitamente l’uso del “Rosiglitazone”, farmaco ritirato poi dal mercato dall’Agenzia del farmaco europea, perché pericoloso per la salute.
Sul problema delle disfunzioni sessuali i conflitti di interesse hanno raggiunto livelli assurdi: i dipendenti delle compagnie farmaceutiche hanno progettato insieme a consulenti pagati, gli strumenti diagnostici per identificare e poi medicalizzare milioni di donne con un disturbo definito del “basso desiderio”, che forse non esiste neppure.
Uno degli esempi più noti di commissioni con conflitti di interesse che hanno ampliato le definizioni di malattia – continua Moynhian – riguarda il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM, Manuale di diagnostica e statistica delle malattie mentali). Il 56% dei membri della commissione che ha prodotto la quarta edizione del Manuale, aveva legami economici con le industrie farmaceutiche, e per alcune sottocommissioni – come quelle sui disturbi dell’umore – la percentuale saliva al 100%.
Sebbene le nuove indicazioni dell’Associazione psichiatrica americana mirassero a ridurre i conflitti di interesse, la percentuale di persone con rapporti d’interesse con le compagnie farmaceutiche, nella commissione che sta producendo la quinta edizione del Manuale, è esattamente la stessa: 56%.
Allen Frances, lo psichiatra che ha coordinato la quarta edizione (il DSM-IV), afferma in modo categorico che si deve togliere questa attività all’Associazione psichiatrica americana. Secondo lui, la IV edizione ha contribuito a un’esplosione di diagnosi non necessarie nel campo del deficit di attenzione, dell’autismo e del disturbo bipolare. E sottolinea un aspetto importante, spesso non considerato o sottovalutato: oltre ai legami finanziari, anche i conflitti intellettuali possono avere un grande peso. Ad esempio i ricercatori – spiega Frances – potrebbero aver fatto inconsapevolmente pressione per un maggior riconoscimento delle loro malattie “preferite”. Non è detto che dietro alle decisioni che portano vantaggi all’industria, ci sia necessariamente la spinta di quest’ultima. Frances teme che l’imminente DSM-V possa scatenare nuove “epidemie di falsi positivi” (falsi malati) e che esperienze comuni come abbuffarsi di cibo o avere crisi di irascibilità, possano essere scambiate erroneamente per sintomi di nuove malattie.
Secondo lui gli esperti non sopportano l’idea di perdere potenziali pazienti e non sono in grado di valutare i rischi e i benefici della creazione di nuove malattie o dell’ampliamento delle vecchie. “Questo tipo di lavoro non dovrebbe più essere fatto da nessuna associazione professionale. È necessario un nuovo modo per definire le malattie”, conclude Frances.
Quindi adesso è ovvio che abbiamo bisogno di nuove commissioni libere da conflitti di interesse e che possano portare ampie prove sulle loro ricerche. Purtroppo, noi rendiamo solo se siamo malati e quindi non possiamo permetterci di essere sani… per le case farmaceutiche sarebbe un danno economico assurdo!
Un articolo di Nicoletta Dentico sul “Manifesto”, spiega con chiarezza la grave situazione in cui si trova l’Agenzia creata per difendere la salute a livello mondiale. La questione è piombata al centro dell’arena negoziale già all’inizio dell’anno – dice Dentico – durante una riunione del Comitato esecutivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), quando la direttrice Margaret Chan ha preso in contropiede i 193 stati membri, annunciando il proposito di imbarcarsi in una consistente ristrutturazione dell’agenzia.
Con raro coraggio, secondo alcuni; con la sola (e meno nobile) intenzione di blindare la propria candidatura a un secondo mandato, secondo molti altri. Tant’è. La decisione di riformare la agenzia delle Nazioni Unite ha dominato incontrastata la discussione all’annuale Assemblea Mondiale della Sanità lo scorso maggio, agitando non poco gli animi della comunità impegnata in salute pubblica e conquistandosi le prime pagine della stampa internazionale.
Si tratta di un passaggio storico per l’Oms, lo snodo più critico dai tempi della sua fondazione nel 1948. L’Oms è malata, i sintomi sono numerosi e anche gravi, ed emergono dai commenti di alcuni funzionari ai più alti livelli: assenza di visione sul proprio ruolo, mancanza di coraggio e di leadership, scarsa trasparenza, un’immagine pesantemente ammaccata negli ultimi anni dai ricorrenti episodi di commistione con l’industria farmaceutica (ad esempio nella gestione della influenza A e della H1N1, e nella scelta degli esperti di un gruppo di lavoro per l’innovazione medica). L’indipendenza dell’Oms è messa in dubbio dall’interno, laddove si riconosce che – sempre più spesso – la competenza tecnica dell’organizzazione deve essere negoziata politicamente con gli interessi degli stati, con esiti talvolta disarmanti.
Quando andate dal medico, dal farmacista, in ospedale, se potete, prima di ingurgitare degli intrugli che potrebbero farvi prendere a vanvera, fate delle ricerche, provate a consultare, ad esempio, medici omeopatici che vi possono guarire con soluzioni più salutari e con zero controindicazioni o considerate altre medicine alternative.
Articolo dal blog “Io non mi arrendo“
Rivisto da Conoscenzealconfine.it
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