Cibi adulterati per far fronte alla crisi. L’olio più ricercato in Francia è quello di girasole, diventato carissimo e scomparso come conseguenza della guerra. Ma i produttori francesi di cibi industriali hanno ottenuto di poterlo mischiare o sostituire con altri olii, senza però l’obbligo di cambiare etichea. A causa della guerra in Ucraina, l’olio sta diventando un bene di lusso in Francia e non ce n’è più abbastanza per i consumatori né per l’industria alimentare. Per questo in alcuni supermercati d’Oltralpe è iniziato il razionamento, come ha potuto constatare La Verità a Parigi. E così, mentre i guerrafondai da salotto insistono sulla necessità di stritolare l’economia russa, i cittadini e i consumatori transalpini pagano il conto di una guerra ignobile che non hanno voluto.
L’olio più ricercato al di là delle Alpi è quello di girasole che è scomparso dagli scaffali di molti punti vendita a causa delle scorte che consumatori hanno costituito nei loro scaffali e cantine. La questione è seria perché l’olio di girasole è utilizzato per moltissime preparazioni nelle case, nei ristoranti e nell’industria alimentare francese. Così, per effetto della legge della domanda e dell’offerta, la mancanza di questa materia grassa ha fatto salire i prezzi di quel poco olio ancora disponibile e delle preparazioni che lo utilizzano come ingrediente. È il caso ad esempio: delle margarine, di certi tipi di cioccolato, di pasta frolla e sfoglia, ma anche del pesce e della carne impanati o di alcune conserve sottolio. Persino il prezzo dei cartocci di patatine venduti nelle baraque à frites – chioschi tipici delle regioni al confine con il Belgio – è stato ritoccato al rialzo. D’altra parte, secondo il canale BfmTv, il prezzo di una tonnellata di olio di girasole è passato dai 640 euro, registrati a metà febbraio, agli oltre 1000 euro toccati lo scorso 26 aprile.
La mancanza di olio di girasole ha portato molti consumatori, ristoratori e produttori di cibi industriali ad utilizzare altri oli, come ad esempio quello di colza, di arachidi o oliva. Tali sostituzioni hanno provocato aumenti a cascata. Questi cambiamenti potranno anche sembrare banali, ma oltre agli effetti negativi sulla consumazione rischiano di provocarne di seri sulla salute dei consumatori affetti da allergie. È ovvio che una persona allergica non andrà a comprare un olio nocivo per la propria salute, ma chi garantirà a questa persona che un prodotto surgelato, acquistato al supermercato o consumato in un ristorante, non le provochi delle reazioni potenzialmente gravi? La risposta a questa domanda non è così scontata.
Da quando la guerra in Ucraina ha iniziato ad impattare sui prezzi delle materie prime alimentari, i produttori francesi di cibi industriali hanno chiesto di poter mischiare o sostituire l’olio di girasole con altri olii, senza però essere obbligati di cambiare le etichette e gli imballaggi dei loro prodotti. Dopo due mesi di discussioni tra gli industriali, i distributori e le associazioni dei consumatori francesi, il ministero dell’Economia di Parigi ha autorizzato i produttori a cambiare le ricette senza costringerli a modificare gli imballaggi, almeno per sei mesi, ovvero il tempo necessario alla ristampa delle confezioni. Gli stessi produttori dovranno invece essere autorizzati dalla Direzione della concorrenza, la consumazione e la repressione delle frodi (Dgccrf), nel caso intendano cambiare la composizione dei cibi da essi preparati. La sostituzione o il mescolamento di vari oli rientrano tra i cambiamenti che dovranno essere autorizzati dalla Dgccrf.
Il confine tra il cambio delle ricette e l’utilizzo di altri oli appare piuttosto sottile. Inoltre non sarà facile verificare il rispetto l’obbligo di segnalazione della presenza di oli contenenti allergeni. Questo perché la Dgccrf ha previsto che il produttore incolli un’etichea con la dicitura «derog» (come deroga) sulla confezione. Ma applicare degli adesivi sulle confezioni degli alimenti genererà un costo di lavorazione aggiuntivo e le etichette posticce possono staccarsi accidentalmente. Inoltre va detto che il principale produttore europeo di queste etichette è un’industria finlandese che – come segnalato dal quotidiano Les Echos – sta funzionando a regime ridotto a causa di uno sciopero dei suoi dipendenti. Per informare i consumatori, le autorità e i produttori pubblicheranno su internet tutti gli aggiornamenti delle ricette. I distributori dovranno invece segnalare la presenza di oli contenenti allergeni, applicando dei cartelli sugli scaffali dei supermercati.
Per cercare di ammortizzare l’aumento di costi legati alla guerra, anche in Francia, certi industriali del settore alimentare hanno praticato la shrinkflation, una tecnica con la quale non si aumenta il prezzo di un prodotto alimentare ma se ne riduce la quantità. Un espediente rilevato anche in molti prodotti in vendita nei supermercati italiani.
Anche in Francia, l’aumento dei prezzi degli oli alimentari ha evidenziato la scarsa lungimiranza in materia di sovranità alimentare, dimostrata da Emmanuel Macron e dai suoi predecessori degli ultimi trent’anni. In effetti, nonostante la Francia sia uno dei più importanti produttori agricoli in Europa, a causa della guerra in Ucraina, si è scoperta molto vulnerabile e dipendente dalle scelte di Bruxelles. Certo, gli agricoltori francesi hanno beneficiato – forse più di quelli di altri Paesi – della Pac, la Politica agricola comune della Ue, ma questo non li ha protetti dalla concorrenza di loro omologhi attivi in altre zone europee o extraeuropee. Nonostante i contributi Ue, molti agricoltori transalpini vivono appena al di sopra della soglia di povertà e, da qualche anno, subiscono sempre più spesso gli attacchi di movimenti estremisti vegani o animalisti.
di Matteo Ghisalberti – La Verità
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