Giulio Tarro: “Gli asintomatici non contagiano il Covid. Lo dimostra un recente studio scientifico”

Indagine sierologica, asintomatici infettivi o no, cambiamenti nel decorso clinico dell’infezione da Sars CoV2, goccioline di contagio e distanziamento sociale
nei casi concreti e non in astratto: di questo, e molto altro, abbiamo conversato con il Prof. Giulio Tarro, prestigioso virologo a livello mondiale.



Prof. Tarro, partiamo dall’indagine sierologica che ha preso il via da pochi giorni in Italia. Che ne pensa?

Ormai siamo a fine Maggio e, in tutta onestà, fatta adesso non vedo quale vantaggio se ne possa trarre. Io l’avrei fatta almeno un mese e mezzo fa, quando ancora la curva dei contagi era considerevolmente alta. Ciò che ha fatto il dott. Pasquale Bacco con il suo studio, il quale ha riscontrato che nell’ultimo semestre, su un campione di oltre 7000 sieri, vi era il 35% di positività alle IgG per il Sars CoV2. Noi abbiamo basato tutto sui tamponi, i quali non solo sono poco attendibili, ma come il Washington Post ha detto in un suo articolo recente, parrebbe persino che abbiano favorito il contagio, almeno in alcuni casi.

Da noi se si risulta positivi alle IgG, bisogna procedere a fare il tampone; e se si è positivi al Sars CoV2 bisogna restare in quarantena per due settimane. Pensa sia giusto?

Mi pare un’idiozia immane. Chi ha sviluppato gli anticorpi, cioè le IgG, è guarito: vale a dire che non può né essere infettato e tantomeno infettare. I tamponi, per giunta, non sono attendibili al 100%, come ho già detto poc’anzi.

Da un punto di vista clinico, chi adesso viene infettato dal Sars CoV2 che decorso presenta?

Innanzitutto cominciamo col dire che vi sono pochi infettati. Tanto è vero che la curva dei contagi scende ogni giorno di più. E continuerà così fino ad arrivare al giorno in cui il valore R0 sarà pari a zero e quindi potremo dire che questa storia sarà per noi finita. A ciò aggiungiamo che in terapia intensiva per Sars CoV2 non arriva più nessuno. Questo perché si è anche capito che nei casi peggiori i polmoni non vengono colpiti da polmonite interstiziale, bensì da tromboembolie che vengono trattate con l’eparina a basso dosaggio nei casi estremi. Per non parlare delle cure farmacologiche: oltre alla sieroterapia, vi è l’impiego dell’idrossiclorochina, che è egualmente un fluidificante.

È vero che l’idrossiclorochina può avere degli effetti collaterali abbastanza gravi?

Tutti i medicinali possono avere effetti collaterali più o meno gravi. Nella fattispecie, l’idrossiclorochina in alcune circostanze può provocare aritmie cardiache. Prima di somministrarla, sarebbe bene far fare al paziente un elettrocardiogramma. Ciò detto, non capisco perché l’Oms abbia consigliato di bloccarne la somministrazione. A tal proposito, voglio citarle quello che sull’idrossiclorochina è stato detto in un recente studio: “Intendiamoci, la clorochina è un farmaco; e, come per tutti i farmaci, la sua assunzione comporta, oltre che benefici, dei rischi. Va detto comunque che la clorochina (oggi diventata idrossiclorochina, per ridurre drasticamente l’effetto collaterale di accumulo e retinopatia) in cinque anni, dal 1900 al 1905, somministrata a milioni di Italiani, ha ridotto drasticamente la mortalità per malaria nel nostro Paese e oggi viene regolarmente assunta in Italia da 65mila pazienti affetti da artrite reumatoide senza significative segnalazioni in farmacovigilanza di danni cardiaci. Ma la cosa davvero incredibile è che, come faceva notare il caro collega Antonio Marfella, i nominativi di tutti questi pazienti, con il codice di esenzione ICD9 714 per artrite reumatoide, sono inseriti nella banca dati dell’Istituto superiore della Sanità. Sarebbe bastato, quindi, un semplice controllo incrociato con la banca dati degli infettati, sottoposti a tampone, a virus COVID-SARS-2 per avere un immediato riscontro dell’efficacia dell’idrossiclorochina nella profilassi del COVID19. Non trovando alcuna notizia su riviste scientifiche e sui giornali, ho attivato i miei canali per sapere se questo elementare e importantissimo riscontro è stato fatto. Al momento, si direbbe di no”.

C’è una posologia precisa di idrossiclorochina per chi è affetto da Sars CoV2?

Nei casi meno gravi, una compressa al giorno. Nei casi più gravi, due o tre compresse al giorno a seconda della gravità, da associarsi all’azitromicina almeno per una settimana.

Adesso parte del mondo scientifico pare essere tornato sui suoi passi: da tremendamente allarmista sta ripiegando su posizioni meno terroristiche ma più scientifiche. Come mai sta succedendo secondo lei, Professore?

L’evidenza dei fatti non può che indurre al buon senso anche coloro che finora non l’hanno dimostrato. Il punto è che abbiamo avuto due categorie di scienziati che si sono distinti in modo netto su questa storia del Sars CoV2: una che ha fatto confusione – e abbiamo visto con che risultati, soprattutto in Nord Italia –; e un’altra che, al contrario, ha lavorato con serietà e ponderazione.

Il caldo si dimostra alleato nella battaglia contro il Sars CoV2?

Sì. L’ho detto tantissime volte e non mi stancherò di ripeterlo. Del resto lo stiamo vedendo in questi giorni. Ci sono persone che provano a confutare questa evidenza portando come esempio quello che sta accadendo in Brasile o in altre zone consimili. Vorrei ricordare a costoro che dall’altra parte della linea dell’equatore le stagioni sono opposte alle nostre: noi siamo in Primavera/Estate; là, invece, sono in Autunno/Inverno.

Parliamo delle goccioline di contagio. È vero che sono determinanti per la trasmissione dell’infezione?

Non si può fare un discorso in astratto. Occorre sempre circostanziare tutto, altrimenti si danno informazioni falsate. Le goccioline sono elemento di trasmissione dell’infezione. Però bisogna distinguere da caso a caso. Per esempio, per chi starnutisce o tossisce, è chiaro che queste goccioline possono propagarsi per circa un metro. Ma se consideriamo il caso di persone che dialogano normalmente, ad una distanza di circa 20 cm – come del resto è scritto in ogni manuale di microbiologia – non avviene alcun tipo di contagio. Poi occorre considerare anche la carica virale: nei momenti in cui essa è al massimo, allora occorre più cautela. Ma ora che il Sars CoV2 non ha più questa carica così potente, si può stare tranquilli e non abbandonarsi a psicosi che, onestamente, credo non abbiano ragione di esistere.

L’asintomatico è infettivo o no?

È uscito di recente uno studio su PubMed, che riporta un esperimento effettuato: un soggetto, positivo al Sars CoV2 ma asintomatico, è entrato in contatto con 455 persone sane. Ebbene, nessuna di queste ha contratto il virus. Quindi l’asintomatico non è infettivo per gli altri.

Esistono evidenze geniche che mostrano che il Sars CoV2 si sia realmente indebolito?

Al momento ancora no, ma in futuro non è da escludere che possano emergere.


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