Come cibarsi per vivere a lungo senza malattia

Abitanti di Ikaria, l’isola mediterranea col più elevato numero di novantenni al mondo


L’umanità è ammalata, ci nutriamo come le mucche di oggi, mangiamo cibi che non sono più naturali: sono «belli» alla vista, ma sono «cresciuti» con l’uso di fertilizzanti chimici e protetti dalle malattie con terribili veleni. Questi cibi cresciuti troppo in fretta non sono riusciti a sviluppare la gran parte dei nutrimenti (vitamine e minerali, ma anche profumi che sono direttamente proporzionali alla quantità di questi ele‑ menti essenziali) indispensabili per la nostra sussistenza..


L’80% della frutta e della verdura, per arrivare ai mercati, percorre centinaia di km. La frutta deve essere bella, perfetta, tutta uguale; la pasta è aromatizzata, deve avere «quel» gusto, quello della marca famosa perché l’altra non piace, perché ha il gusto della farina. Il formaggio, possibilmente senza crosta, deve essere «pulito», delicato, spalmabile, o già a fettine, e così il miele, dorato, omogeneo, liquido.


Anche i prodotti che pubblicitariamente chiamiamo «artigianali» spesso sono fatti per ingannare e farti credere che dietro ci sia il lavoro sapiente di tradizioni antiche, e invece è solo facciata, dietro c’è sempre il mondo industriale, artefatto e ingannevole. Questo non significa che non si possano produrre industrialmente prodotti ricchi di nutrienti, ma bisognerebbe accorciare la filiera dal produttore al consumatore e usare solo prodotti certificati come biologici. Fortunatamente un cambiamento è in atto, lo dimostrano associazioni come Slow Food che riscuotono attenzione e successo.
L’unica soluzione è consumare biologico

Sempre più persone decidono di staccarsi da cattive consuetudini e di dedicarsi alla ricerca della qualità, perché è solo la qualità che può salvare la nostra economia e la nostra salute: sta a noi migliorare la nostra cultura e prestare attenzione a quello che mangiamo. È vero che questi prodotti costano di più, ma basterebbe fare più attenzione e non sprecare.


I prodotti con più pesticidi sono:
mele
fragole
uva
sedani
pesche
spinaci
peperoni
nettarine
cetrioli
pomodori ciliegino
piselli
patate
peperoncini
verza

Legambiente suggerisce alternative di frutta e verdura meno soggette ai trattamenti, io sono convinto che l’unica soluzione è consumare biologico. Spesso si sentono commenti come: «Il biologico non esiste. E l’inquinamento dell’aria? E le piogge acide?». Dopo la trasmissione di Report sul biologico di alcuni mesi fa è chiaro che a chi lavora onestamente cadono un po’ le braccia. I truffatori sono sempre esistiti, ma contro una piccola percentuale di truffatori esistono migliaia di operatori onesti. Io vi consiglio di cercare un produttore di biologico a km 0 nella vostra zona, oppure di iscrivervi a un GAS, Gruppo di Acquisto Solidale.


La differenza fra bio e non bio è che con il non bio avete la sicurezza di mangiare anche veleno; con il bio potreste man‑ giare veleni solo in caso di truffa, ma questo si può evitare prestando attenzione.
Il latte di un’altra «mamma», quello della mucca

Se quando siamo nati nostra madre ci ha nutriti al seno per almeno due anni probabilmente abbiamo sviluppato tutte le difese indispensabili per crescere in equilibrio con l’ambiente circostante; sarebbe stato meglio continuare con l’allattamento, anche se saltuario, fino ai tre anni di età. In realtà ciò accade sempre meno per non scontrarsi con le affermate consuetudini e gli obblighi sociali, il lavoro, la casa, i figli ecc., così dopo soli tre mesi si comincia con le pappe (latte artificiale costruito in laboratorio a cui mancano completamente gli zuccheri, o glucoammine, del latte materno), poi si passa al latte vaccino, il latte delle mucche ammalate, e così il bimbo viene «svezzato», che significa abituare l’organismo ad altri cibi.

L’intestino di un neonato non è in grado di assimilare cibo differente dal latte materno perché morirebbe, è per questo che si creano questi latti artificiali che assomigliano per composizione a quello materno. In passato, se la mamma non aveva latte o moriva ci si doveva rivolgere a una balia, che era una mamma che allattava oltre al suo bimbo anche quello di altre mamme. Lo svezzamento si fa quando l’intestino comincia a maturare ed è pronto ad assimilare piccole quantità di cibo diverso; in seguito dovremmo continuare ad allattare il bimbo almeno fino ai due anni, anche una sola volta al giorno, ma per errato consiglio di alcuni pediatri continuiamo a dare il latte di un’altra «mamma», quello della mucca. È lo stesso pediatra che ci consiglia: «Adesso può dargli il latte di mucca perché è ricco di calcio, che serve al bambino per la crescita».

Fortunatamente non è sempre così e qualche medico che si informa c’è ancora, ma intanto quel bambino berrà latte che non è fatto per l’uomo, ma per un vitello che nel giro di qualche mese deve aumentare di quintali. A mantenere questa cultura contribuiscono anche i media, la televisione in primis: vi sarà capitato di assistere a talk show dove cattedratici al soldo delle industrie denigrano e deridono chi porta avanti una cultura di nutrizione corretta.
Perché il latte vaccino è sconsigliato

Il latte specie-specifico contiene non solo tutti i nutrienti nelle proporzioni ottimali per la crescita, ma anche sostanze enzimatiche e anticorpi che hanno la funzione di aumentare le difese immunitarie in un periodo della vita in cui un’infezione potrebbe avere conseguenze gravissime. L’allattamento in quanto contatto con il corpo della mamma ha anche una funzione di crescita e di svezzamento mentale. Questo essere, che è vissuto per nove mesi in simbiosi con la mamma come un corpo unico, deve conquistare gradatamente la sua indipendenza. Allattare anche una sola volta al giorno al seno dona al neonato un senso di sicurezza e protezione, significa staccare il cordone ombelicale in modo graduale. Anche in età puberale, i bambini quando si sentono in pericolo chiamano la mamma e non il papà.

Dopo lo svezzamento, nessun mammifero continua a bere latte perché non è cibo adatto ai bambini e agli adulti; neppure quello della propria specie, perché le esigenze nutrizionali dell’adulto sono differenti da quelle del lattante. Il piccolo mammifero è in grado di vivere cibandosi degli alimenti per cui la specie è biologicamente adatta. Inoltre, nessun mammifero, tranne l’uomo, consuma, in nessuna epoca della vita, il latte di un’altra specie. Nel caso dell’uomo, sin dai primissimi anni di vita il consumo di latte, di mucca in particolare, purtroppo è ancora considerato da molti fisiologico e raccomandabile, nonostante il latte vaccino sia molto diverso per composizione rispetto al latte di donna, perché:
ha troppe proteine (36 g/l contro 9 g/l);
ha un rapporto caseina di 78 (contro 28 nel latte umano);
ha poco lattosio (49 g/l contro 70 g/l);
ha un rapporto grassi saturi/insaturi svantaggioso;
ha troppi grassi saturi: 45% latte umano, 75% latte vaccino;
ha pochi grassi insaturi: 55% latte umano, 25% latte vaccino;
ha una percentuale di calcio elevata: 1170 mg/l (contro 340);
ha un rapporto calcio/fosforo svantaggioso: 1,27:1 (contro 2,35:1 nel latte umano).

Il fosforo è un antagonista del calcio, a cui può legarsi nel tratto digerente impedendone di fatto l’assorbimento; quin‑ di oltre che non contribuire se non in minima parte alla nostra crescita ossea, questo calcio in circolazione nel sangue, soprattutto nelle persone in età adulta, può creare danni. contiene troppi sali minerali: 7 g/l contro 2 g/l.

Dunque, ogni mammifero deve bere il proprio latte e a questa regola deve adeguarsi anche l’uomo. coloro che, mal consigliati, danno ai propri figli il latte vaccino potranno farli incorrere in problemi respiratori. La conseguenza di questa errata nutrizione è quella di affezioni alle vie respiratorie, bronchiti, tonsilliti, tracheiti, sinusiti e otiti. Queste infiammazioni danno origine alla formazione di muco, per cui ci saranno problemi respiratori, asmatici ecc.

L’intolleranza al latte vaccino e le conseguenze respiratorie vengono raramente prese in considerazione, per cui gli sfortunati bambini vengono sottoposti a operazioni chirurgiche con asportazione di tonsille e adenoidi, che per i problemi infiammatori dovuto all’intolleranza al latte non riescono più a fare il loro lavoro, con conseguenti frequenti episodi di tonsilliti. Dopo l’operazione la situazione varia di poco, con la differenza che queste ghiandole, la cui funzione è di barriera ai batteri, non ci sono più. L’intolleranza al latte è conosciuta di più come intolleranza al lattosio, che è lo zucchero contenuto nel latte, ma io continuo a chiamarla intolleranza al latte vaccino nella sua globalità di prodotto. Essa varia tra le diverse razze umane: sono molto soggette le razze nera e gialla, ne è mediamente soggetta la mediterranea, meno quella dei paesi nordici.

In commercio esistono tipi di latte che possono dare meno problemi ed essere tollerati: il più conosciuto è il latte di capra, che è il più simile al latte umano, ma esistono anche il latte di pecora, di asina e di cavalla.
Gruppi sanguigni e combinazioni alimentari

Alcuni studi di Peter D’Adamo hanno constatato che esiste una relazione diretta tra il gruppo sanguigno di appartenenza e le intolleranze alimentari. Spesso assumiamo un cibo perché è buono al palato o perché tutti lo mangiano, ma per distrazione non prestiamo sufficiente attenzione alle reazioni che provoca sul nostro organismo in quanto non gradito al nostro sistema immunitario. Per esempio un individuo di gruppo sanguigno A non dovrebbe mangiare carne bovina, equina o di maiale, o latte e formaggi di mucca. In una percentuale molto elevata di individui di gruppo A questi alimenti possono determinare reazioni di tipo allergico, infiammatorio, con conseguenze fastidiose che alcuni portano con sé per tutta la vita. Le reazioni al cibo non sono perfettamente coincidenti tra individui con lo stesso gruppo sanguigno poiché dipende anche dai geni che abbiamo ereditato e dagli adattamenti che i nostri avi hanno sviluppato nel corso dei secoli, ma hanno comunque una validità e corrispondenza molto elevata. Uno studioso molto rinomato, il dottor Pietro mozzi, ha speso tutta la sua vita a indagare la relazione tra cibo e gruppi sanguigni, e non solo. consiglio di acquistare il suo libro La dieta del dottor Mozzi. Gruppi sanguigni e combinazioni alimentari (edito nel 2012 da coop. mogliazze).

Tratto dal libro Invecchiare senza ammalarsi. Nutrizione, stili di vita, integratori di Renato Ravaglia, Edizioni L’Età dell’Acquario

Renato Ravaglia, classe 1944, naturopata, si interessa da sempre di cure naturali e medicina alternativa. Da anni gestisce una delle più importanti erboristerie del Piemonte.

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