Paracetamolo addio: contro il Covid anche la scienza dice «No»

22/04/2022 - Uno degli aspetti più drammatici della pandemia, fin dagli inizi, è stato il fenomeno – apparentemente incredibile – dei No Drugs. Ovvero i negazionisti dell’utilità dei farmaci. Il mantra ripetuto per due anni da medici ed esponenti politici governativi è stato quello del “non c’è cura”.


L’unica molecola autorizzata nelle cure domiciliari è stato il Paracetamolo, un sintomatico che diminuisce temporaneamente la febbre ma non impedisce minimamente al Covid di fare danni all’organismo attraverso i meccanismi infiammatori. Quindi, anche senza citare tutta una serie di farmaci che hanno comunque dimostrato la propria utilità, dall’eparina al cortisone ad alcuni immunomodulatori ad antibiotici, per fermare il Covid evidentemente ci vogliono antiinfiammatori.

La scoperta dell’acqua calda fatta da Pregliasco con i suoi consigli a Draghi di utilizzare appunto questo tipo di farmaci era già nota da due anni ai medici che hanno curato sul campo con le cure domiciliari. Ma i No Drugs si sono sempre opposti a questa evidenza, e migliaia di medici di base hanno seguito diligentemente i protocolli e hanno continuato a dare ai pazienti di Covid come unica scelta terapeutica la Tachipirina.


Ora questo colossale errore, che passerà tristemente alla storia della Medicina, ha cominciato ad essere messo in luce in modo scientificamente inconfutabile da diversi studi. Uno di questi è una ricerca fatta da studiosi indiani che hanno proprio messo a confronto le capacità del Paracetamolo con quelle di un farmaco antinfiammatorio, l’indometacina. Un vecchio farmaco che è usato nelle terapie ad esempio dell’artrosi, e che costa poco più di 2 (due!) euro la scatola. L’indometacina, tra l’altro, fa parte anche della multiterapia messa a punto dal prof. Serafino Fazio, dal professor Bellavite con la collaborazione di altri medici. I ricercatori indiani hanno confrontato il paracetamolo con l’indometacina (a parità di altre cure standard aggiunte) in uno studio controllato e randomizzato. Chi ha ricevuto l’indometacina è guarito in tempi più brevi e non ha sviluppato desaturazione, che era il principale parametro di riferimento della ricerca. Ovvero non ha avuto polmonite e gravi sintomatologie respiratorie, mentre quasi il 20% di chi ha ricevuto il paracetamolo si è aggravato. Lo studio è pubblicato su una importante rivista.

L’indometacina, come detto un farmaco antinfiammatorio non steroideo (FANS), si è rivelato anche come un agente antivirale ad ampio spettro. Questo studio clinico randomizzato in ambiente ospedaliero ha valutato l’efficacia e la sicurezza di questo farmaco nei 210 pazienti inseriti nello studio, e confrontati con un campione analogo che riceveva paracetamolo. L’endpoint primario dello studio era verificare lo sviluppo di ipossia con desaturazione sotto il valore soglia di 93. Sono stati monitorati i profili dei pazienti insieme ai parametri clinici quotidiani. Inoltre è stata valutata la chimica del sangue al momento del ricovero e della dimissione.

Nel gruppo indometacina, nessuno dei pazienti ha sviluppato desaturazione. D’altra parte, nel braccio paracetamolo, circa il 20% dei malati hanno sviluppato desaturazione. I pazienti che hanno ricevuto indometacina hanno anche sperimentato un sollievo sintomatico più rapido rispetto a quelli nel braccio del paracetamolo, con la maggior parte dei sintomi che scomparivano nella metà del tempo. Inoltre, 56 su 107 nel braccio del paracetamolo avevano febbre al settimo giorno, mentre nessun paziente nel gruppo indometacina aveva la febbre. Il follow-up al quattordicesimo giorno ha rivelato che i pazienti del braccio del paracetamolo avevano affrontato diversi disagi; i pazienti del braccio di indometacina si lamentavano per lo più solo di stanchezza. Non sono stati registrati eventi avversi provocati dal farmaco.


L’indometacina dunque si è dimostrato un farmaco sicuro ed efficace per il trattamento di pazienti con Covid, e questo è un dato importantissimo, alla luce delle evidenze epidemiologiche della pandemia. Ormai infatti è chiaro che il vaccino, anche con tre dosi, non è in grado di interrompere la catena di trasmissione del virus. E’ chiaro che dovremo imparare a convivere con questo virus, in tutte le sue molteplici varianti, presenti e future, e che la soluzione al problema sta nelle cure.




I No Drugs devono rassegnarsi: le cure ci sono già, da diverso tempo, e sono farmaci che hanno addirittura decenni di storia alle spalle, come appunto l’indometacina. Studi come questo lo dimostrano in modo chiaro e documentato. Il tempo della “Tachipirina e vigile attesa” è definitivamente terminato. Ora è tempo che si cambino finalmente le linnee guida, che potranno salvare la vita a tante persone.
di Paolo Gulisano – Lanuovabq.it

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