Il rapporto con nostra madre può farci guarire o ammalare

Lei è il custode originario della nostra vita, ci ha accolto nel suo corpo e nella sua mente, ci ha condotto pian piano a divenire adulti.


Essere mamma ha un impatto emotivo, sociale, personale e storico molto forte. Si dice infatti che “La mano che fa dondolare la culla è la mano che regge il mondo”. (William Ross Wallace). Il mistero, il fascino e la magia di una mamma con il suo bambino, ha qualcosa di sacro e divino.

Diventare madre è un richiamo della vita con tutte le sue gioie e le sue fatiche, è un modo magnifico della donna di migliorarsi, di crescere, di vivere e di essere. Non esiste una madre migliore di un’altra, esistono tanti percorsi di vita che conducono ad una scelta invece che ad un’altra, ad un modo di vivere rispetto a un altro. Colpevolizzare una mamma o metterla sul piedistallo non ha senso, è solo un tentativo superficiale di allontanarci da lei come persona.

Ogni individuo ha l’unico scopo nella vita di mettere in pratica la sua missione, di sviluppare i suoi veri talenti, di entusiasmarsi in quello che fa. Se giungiamo a ciò, la nostra bellezza interiore avvolgerà noi stessi e chi ci sta intorno e qualsiasi ruolo staremo in quel momento interpretando, sarà un ruolo di pura bellezza e gioia. Al contrario, se ci sentiamo persi, disorientati e confusi, questa nostra crisi si rispecchierà in tutti gli ambiti della nostra vita. Ma tutto questo non ha nulla a che vedere con colpe o viceversa con lodi: è il percorso della nostra vita.

Possiamo scegliere di vivere in crisi tutta la nostra esistenza, oppure di svegliarci da questa nostra apatia emotiva, possiamo decidere di prendere in mano le redini della nostra vita o di lasciarci passivamente guidare dagli eventi, possiamo lamentarci, far nascere fastidi fisici e mentali o usare le nostre energie per qualcosa di più costruttivo. Sono scelte che ognuno compie ogni giorno, in ogni situazione. Anche una mamma.

Essa è dunque una persona in percorso come tutti. Ci ha cresciuti come meglio si sentiva di farlo ed ora che siamo diventati adulti, siamo noi che dobbiamo conquistarci la nostra indipendenza più autentica e relazionarci con lei in modo maturo, vivo e sentito.

Più facile a dirsi che a farsi, penserete. Ci sono mamme, in effetti, che non riescono loro stesse a tagliare il cordone ombelicale, che si sentono perse nel non avere più un ruolo così attivo e importante nella vita dei loro figli. “Il vero amore di una mamma è aiutare il figlio a tagliare il cordone ombelicale” (Jean Gastaldi). Da qui nascono meccanismi malsani: ripicche, intromissioni, vittimismo, disinteresse e chi più ne ha più ne metta!

Ciò che come figli dobbiamo assolutamente fare, è non cadere nei tranelli di questi meccanismi di pensiero, ma riuscire a vedere oltre quella frase, quel comportamento e rispondere in modo sereno e adulto. Spesso basta non rispondere affatto! Non dobbiamo sentirci in colpa per il nostro diritto ad essere adulti, anzi aiutiamo anche nostra madre a fare questo importante passaggio di crescita. Relazionarci in modo sano e maturo con lei è una conquista bellissima, che completa in modo meraviglioso il nostro e il suo modo di vivere. E’ un po’ come se finalmente ci spogliassimo entrambi di un ruolo (noi come figli, lei come mamma) che non ha più senso di essere vissuto in modo primitivo, il rapporto deve evolvere e portare ad altro.


E’ un passaggio difficile da compiere, spesso per entrambi, talvolta solo per l’una o solo per l’altro. Ma è un passaggio necessario se non si vuole incorrere in dinamiche spiacevoli, fastidiose e contorte, che potrebbero creare malessere in tutti.

“La madre è la nostra prima storia d’amore. E se la odiamo, ci portiamo dietro quella rabbia e la riversiamo su chi ameremo in seguito. E se la perdiamo, dove la ritroveremo?” (Jeanette Winterson). Nostra madre è una chiave che può aprire porte meravigliose o essere un ostacolo alla nostra serenità ed autenticità, e lo stesso noi per lei.

Spogliamoci allora del nostro atteggiamento di addossarle colpe o meriti, sarà lei stessa a fare i conti con le sue scelte di vita. E’ arrivato il momento di conoscerla come persona, di allontanarla in modo sereno se porta scompiglio nella nostre vite(talvolta è l’unico modo per conquistarci il nostro ruolo di adulto, ma può essere solo un allontanamento provvisorio), di accoglierla se porta con sé comprensione e gioia. Dopo tutto, questo è il modo corretto di agire con tutte le persone che ci circondano. Non possiamo elemosinare rispetto: le nostre energie devono essere spese in modo bello, costruttivo e gioioso!

James Hillman ha trattato l’argomento nel suo libro “Il Codice dell’Anima” con queste parole: “Noi non siamo tanto vittime dei nostri genitori, quanto dell’ideologia del genitore. (…) Non è tua madre che continua a dominare la tua vita adulta, bensì l’ideologia che proclama che ciascuno di noi è stato determinato nelle prime ore dopo la nascita o nell’istante stesso della nascita, l’ideologia che sostiene a gran voce che una somma di minuscole cause e di effetti cumulativi conduce a quello che siamo oggi, e a come a nostra volta influiremo sui nostri figli.

Tu sei la causa diretta di danni irreversibili alla vita dei tuoi figli, che si potranno manifestare non soltanto come fallimento e frustrazione, ma addirittura nella delinquenza e nella follia. Questa ideologia intrappola le madri nella superstizione parentale e i figli nel risentimento contro la madre. (…) Questa esaltazione dei genitori, e della madre in particolare, a scapito di tutte le altre realtà (sociale, ambientale, economica), mostra come la cieca venerazione di un archetipo possa cancellare il buon senso“.

Riprendiamoci allora il buon senso, possiamo decidere chi siamo e chi vogliamo essere oggi stesso, possiamo cambiare le nostre abitudini e le nostre relazioni se non ci soddisfano, abbiamo tutti gli strumenti per farlo. Nostra madre ci ha accudito e amato, noi faremo lo stesso con i nostri figli ma in cambio non vogliamo nulla, è la nostra scelta di vita e ciò che dobbiamo fare è solo viverla!

Articolo di Elena Bernabè

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